Ghostwire Tokyo è un gioco per console PS5 che si propone come una possibile valida alternativa agli “action adventure”, a metà tra un open world e un sandbox, che presenta al pubblico un titolo in cui vengono proposti certi schemi diversi dal solito. In questo gameplay si omaggia il folklore del Giappone e al contempo apre una grande riflessione sul senso dell’esistenza umana.
Le missioni secondarie sembrano essere davvero interessanti, specialmente all’inizio. Presto, però, appare chiaro come la qualità non venga del tutto garantita, si passa in modo violento tra storie di fantasmi interessanti a situazioni che richiedono talvolta azioni anche banali per essere risolte. Un gioco come Ghostwire Tokyo potrebbe contenere al suo interno frammenti di gameplay di ogni genere, un palazzo abbandonato potrebbe diventare un Silent Hill tascabile e un parcheggio sotterraneo in un Resident Evil, ma l’occasione non sembra essere stata sfruttata e per riempire la grande mappa si finisce con l’annacquare ogni attività possibile.
Alcune missioni principali, invece, portano in appartamenti abbandonati disturbanti, su tracce di bambole funerarie che fanno paura, altre prediligono un horror grottesco tipico del genere ma poche di queste restano in mente e meritano di essere effettivamente raccontante. Scopriamo insieme le caratteristiche del gioco secondo le recensioni raccolte in giro per il web.
La storia
Le prime fasi di Ghostwire Tokyo potrebbero lasciare stupiti senza troppi interrogativi sulla storia e su quale strada voglia intraprendere la narrazione. Nonostante si prenda i suoi tempi per creare vite e vicende personali dei personaggi, il gameplay compone un grande quadro non lasciando nulla al caso e facendo chiaramente intendere le volontà di comprimari e antagonisti.
Ne viene fuori un gioco di avventura che apre grandi interrogativi sul senso della vita, sulla finitezza della carne, sul senso dello spiritualismo e su congetture sul post trapassato. Il tutto viene raccontato attraverso i drammi che coinvolgono Akito e la sua famiglia, il compagno di viaggio KK e Hannya, l’arcinemico con cui ci si dovrà scontrare nel corso della storia.
Tutti i personaggi sono accomunati da un destino nefasto, dolori insanabili e perdite che hanno segnato in modo profondo la loro vita. Ciascuno di loro è caratterizzato in modo da avere reazioni e scopi diversi, creando contrapposizioni ideologiche che sembrano funzionare bene e che possono offrire diverse prospettive al giocatore che svilupperà un’idea su cosa possa essere corretto secondo la propria idea di vita.
Trama e personaggi
La storia inizia con un cataclisma di natura sconosciuta, con una densa nebbia che porta via ogni forma di vita da Tokyo. Akito reduce da un brutto incidente, è uno dei pochi sopravvissuti che si ritrova all’improvviso a girovagare per la città invasa da spiriti malevoli, mentre al posto dei cittadini si trovano sparsi dei vestiti che hanno smesso di coprire corpi polverizzati.
Hannya sembra essere il responsabile di tutto, e mentre dai maxi schermi della città recita dei proclami sull’importanza del rinascere in una forma che va oltre la carne, il protagonista è alla continua ricerca della sorella. Non ha idea su dove possa essere, ma sa solamente che è in una specie di “non luogo”, in un letto di ospedale e sospesa tra la vita e la morte.
Allo stesso modo, un uomo in forma di spettro dal nome KK chiede di unirsi al corpo di Akito per dargli utili suggerimenti, utilizzarlo per arrivare agli stessi obiettivi e donargli la capacità di eseguire speciali incantesimi per combattere con gli yokai, che infestano le strade della metropoli. Il dualismo sembra funzionare creando una coppia ben assortita capace di compensarsi reciprocamente e di trovare nuovi stimoli, in un mondo che sembra perduto e senza alcuna speranza.
Com’è articolato il gioco?
Oltre alla storia della durata di 15 ore, il gameplay include un buon numero di missioni secondarie che possono fare aumentare la permanenza all’interno del gioco fino a circa 40 ore. Le “fetch quest” e le attività satellitari sono utilizzate per riempire gli spazi vuoti, a cui si accompagnano anche realtà secondarie che approfondiscono il contesto del gioco, valorizzando il tessuto umano del mondo in cui ci si muove.
Si tratta di storie molto personali di cittadini comuni, che raccontano quotidianità perdute, problemi familiari, ingiustizie sociali e situazioni al limite. Allo stesso modo si possono vedere le contraddizioni e abitudini controverse della società nipponica.
In questo gameplay, il produttore dimostra di essere molto critico e aperto alla contestazione pur non partecipando in modo diretto ai grandi dibattiti che si animano da tempo e che da anni affliggono coloro che accettano passivamente le molte restrizioni e ristrettezze culturali. Gli yokai sono sempre accompagnati da descrizioni leggibili nei menù che spiegano la loro genesi e i modi in cui sentimenti, come rancore, rabbia repressa, reazioni alle ingiustizie e paure per le incertezze del futuro, si rispecchiano sulle forme assunte dai demoni.
Ghostwire Tokyo punta sui grandi riferimenti culturali del Paese, che tra tradizioni, antiche leggende e credenze sa sempre come mostrare caratteristiche che mancano alla maggior parte dei giochi spesso privi di identità. Non stupisce che anche il gameplay non prenda in considerazione le armi da fuoco e proponga, invece, qualcosa che sia in linea con i toni e la concezione che il gioco dimostra di avere dall’inizio alla fine.
Caratteristiche del gioco
Ghostwire Tokyo è un gioco che trasuda carisma naturale. Il sistema di combattimento è avvincente, ricco di folklore che richiama quello nipponico e che riesce a catturare l’attenzione del mondo occidentale. Questa Shibuya sembra avere tutte le carte per potersi trasformare in un campo di battaglia ideale. L’inizio del gioco sembra funzionare bene e dopo le immancabili chiacchiere iniziali si entra nel vivo dell’azione, familiarizzando con i comandi ed esplorando il percorso lineare sul quale si articolerà l’intera introduzione.
Nonostante il divertimento nell’affrontare i primi nemici del gioco, spettri in giacca e cravatta in mezzo a studentesse senza testa con doti spettrali da karateka, secondo alcune recensioni risulterebbe difficile riuscire a concentrarsi per via delle performance del gioco.
Soltanto dopo aver trovato l’impostazione migliore, abbassato il motion blur e preso confidenza con le caratteristiche del motore grafico, si può riuscire a immergersi totalmente nel gioco, che inizia introducendo poteri e personaggi in un’accattivante alternanza tra ambientazioni interne ed esterne, intermezzi horror e combattimenti sempre più avvincenti.
Comparto tecnico
Testando le sei modalità grafiche i giocatori sembrano avere tutti un parere positivo sul gioco provato su PS5. La classica modalità qualità consente di avere una risoluzione a 4K con 30 FPS, ed è quella consigliata dagli sviluppatori. Il ritmo non troppo sostenuto potrebbe spingere verso questa selezione, ma rinunciare ai 60 FPS della modalità performance per alcuni players sembra essere un sacrificio troppo importante. In alternativa, il gioco permette di scegliere delle modalità intermedie ad alto frame rate. Ogni yokai ha una propria descrizione che mette in risalto alcune delle criticità della società giapponese.
Il gameplay ha la meglio sul punto di vista artistico con una città di Tokyo cupa, desolata che riesce a mettere in contrapposizione la grandezza della città e l’irrilevanza di chi la popola. La cura del bestiario e il sapiente uso di luci, riflessi ed effetti vari riescono a rendere il mondo di gioco familiare, tale da funzionare anche quando il team di sviluppo calca la mano su immagini visionarie e surreali.
Davvero ottimo sembra essere il lavoro svolto sul supporto al DualSense. Il feedback aptico entra in gioco non solo nel corso dei combattimenti e dell’esplorazione, ma sembra essere in grado di fare percepire sui palmi delle mani anche dettagli come la pioggia che bagna Akito durante i cambi del meteo dinamico.
I grilletti adattivi sono stati sfruttati durante l’utilizzo delle diverse texture, quando si dovranno assorbire completamente gli spiriti in pena e quando si estirperanno i nuclei dal petto degli avversari. In quest’ultimo caso, si avrà come la sensazione di sentire tra le dita una lenza in forte flessione, come se l’anima infetta fosse un pesce che volesse scappare via dopo avere abboccato all’amo.
Cosa ne pensano i players?
Graficamente il gioco secondo le varie recensioni presenti sul web, sembra essere stato apprezzato in quanto l’atmosfera resta intatta, anche se spesso il motore grafico non sembra essere molto a suo agio, specie quando si decide di giocare con il ray tracing attivo. Ben apprezzato anche l’utilizzo del DualSense che sembra essere in grado di trasmettere vibrazioni diverse in base al potere in uso, fornendo utili feedback nel corso dei combattimenti.
Il pad di PlayStation 5 non offre, però, la stessa precisione quando viene utilizzato come touchpad, non a caso quando viene richiesto si avrà anche la possibilità di eseguire il procedimento automaticamente. Di ottima qualità sembra essere il sonoro, in grado di rimanere in silenzio tranne nei momenti in cui è necessaria la giusta dose di adrenalina.
È anche possibile sbloccare, e successivamente ascoltare, canzoni di vario tipo mentre si gira e si combatte per la metropoli: la selezione sembra essere buona ed è formata da brani moderni e altri più tradizionali, che insieme riassumono al meglio le diverse anime del gioco.
Per qualche tipo di problema tecnico, anche cambiando modalità grafica su PS5 alcuni hanno lamentato il fatto che il gioco venisse sempre visualizzato a 1080p, probabilmente dovuto a un bug che potrebbe essere risolto più avanti.